Investendo canguri e nuotando con i coccodrilli

Pelo di canguro “e’ tutto cio’ che ho di te”Katherine, 1 Agosto 2004
Il canguro vive solo in Australia. Ce ne sono un sacco e sono un problema perche’ hanno la tendenza suicida di buttarsi sotto le macchine in corsa. Noi in 5000 km ne abbiamo visti solo due, oltre a un wallaby, una specie di minicanguro. 5000 km, tre pezzi, circa uno ogni 1600 km. Pochi.
Fabio e Alberto sono un po’ delusi, si aspettavano qualcosa di piu’. Io ne ho visti a sufficienza in passato e non mi lamento anche se vedere una mandria saltellante contro il tramonto calante mi sarebbe piaciuto.
Sono le sei di sera. Di sera non si dovrebbe viaggiare perche’ seno’ si beccano i canguri, ma siamo partiti in ritardo e siamo quasi arrivati a Katherine per cui continuiamo.
Andiamo piano, sugli 80 all’ora, e si chiacchiera. Io sto scrivendo il report sopra, anzi ho finito e mi guardo alcune foto.
A un certo punto Fabio frena di colpo, si sente uno scrriiiccccckkkk di gomme e poi uno STONF!!! e intravedo un canguro volare. Abbiamo beccato un canguro!
Siamo fermi nella notte australiana, si sente odore di gomma bruciata e si respira un’aria di tragedia.
Scendiamo, vediamo la frenata e il faro rotto. Del canguro, o ex-canguro, nessuna traccia. O meglio, una traccia c’e’: il suo pelo sul faro rotto.
Risaliamo in macchina e facciamo retromarcia alla ricerca del cadavere. Niente cadavere, andavamo piano e abbiamo frenato abbastanza, forse e’ vivo. Cerchiamo ai lati ma niente. Ripartiamo. Povera bestia. Cominciamo a fare ipotesi sulla sua fine ma un canguro con una gamba rotta non credo abbia molte possibilita’.
Ok, adesso e’ chiaro perche’ non si deve viaggiare la notte.
Continuiamo verso Katherine mentre Fabio, l’assassino di canguri, e’ alle prese con la propria coscienza. Noi non lo aiutiamo, anzi infieriamo “maledetto assassino”, “ti si legge in faccia che ti e’ piaciuto”, “e vai piano che seno’ ne becchi un altro”, ecc…

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Arriviamo a Katherine la sera e ci piazziamo nel primo ostello libero, il Coco’s, in 1st street 21.
Appena entrati capiamo che e’ un buon posto. La gente ci guarda e ci saluta, c’e’ una buona percentuale di giapponesi e coreani, sul 30%, e un’ottima di inglesi, 10%. Niente contro gli inglesi ma e’ meglio evitare quelli che viaggiano in gruppo.
L’inglese che viaggia da solo invece e’ ottimo.
La mattina portiamo Alberto detto “piede molle” in ospedale, la sua ferita si e’ infettata. Lo lasciamo li con i suoi nuovi amici aborigeni e ci passa la notte sotto i ferri. 24 ore e 2400 dollari dopo esce e ringrazia il cielo del fatto che esista la convenzione sanitaria Italia-Australia che paghera’ le spese.
Ci racconta di un aborigeno che all’alba e al tramonto salutava il sole con canti tradizionali e la cosa mi resta, chissa’ perche’, impressa.
Io passo un paio di giorni cercando didgeridoos da comprare ma la cosa si preannuncia difficile. Tutti i negozi del centro hanno dei bei didgeridoos, ma sono cari e soprattutto non si capisce bene da chi siano fatti.
La maggior parte in effetti sono fatti da bianchi, o tagliata da bianchi e fatti pitturare da aborigeni, spesso non artisti ma solo aborigeni che non ne sanno niente e vogliono fare qualche soldo. Tutti ti offrono certificati di garanzia ma per me sono solo pezzi di carta, io voglio essere sicuro che chi lo ha fatto sia un aborigeno che se l’e’ andato a cercare nel mezzo del bush (qualsiasi luogo lontano dalla civilta’ si chiama bush, tranne il Montello, TV) e lo abbia pitturato sapendo quel che faceva..un vero artista. Ma i veri artisti producono poco e sono eclettici…niente di simile alla catena di montaggio che ci vorrebbe per soddisfare la domanda del mercato. Allora i furbacchioni li fanno produrre a backpackers o a gente che non c’entra niente con la cultura aborigena. Poi finiscono nei negozi e successivamente, con qualche chiacchiera ben assestata, in mano al turista danaroso che sborsa 400 dollari per un pezzo di legno trapanato e pitturato da un backpacker giapponese.

Sessione di didgeridoo Vado in cerca di un aborigeno per comprarli direttamente ma non e’ facile, i veri artisti sono tutti in mezzo al bush e per arrivarci ci vuole un permesso speciale, una quattro ruote e soprattutto il tempo che io non ho.

Poi trovo questa cooperativa di aborigeni, gestita da aborigeni, finanziata dallo stato, che ha come scopo il dare lavoro agli aborigeni. Non hanno molte cose ma quel che hanno e’ genuino, rappresentano artisti di tutta la zona di Katherine, gente che vive nel bush e che non viene mai nella civilta’…forse comprero’ da loro.

Intanto sul fronte Fabio/Alberto che sarebbero dovuti partire gia’ da qualche giorno ci sono novita’. Verranno anche loro al “walking with spirits”, un festival aborigeno nel mezzo del bush, che si terra’ il fine settimana.
Non si sa bene cos’e’ ma io spero di poter comprare dei didg da un artista mentre Fabio e Alberto non vogliono perdere l’occasione di entrare in terra aborigena, zona dove di solito serve un permesso, tranne appunto questo weekend.
Partiamo addirittura la sera prima con due ragazze e due ragazzi austro/tedeschi/inglesi e una giapponese di vent’anni, Keiko, che e’ la terza volta che mi vede e si presenta, dimenticandosi sempre di avermi gia’ conosciuto. Faccio proprio colpo sulle donne.
Adesso mi riconosce ma continua a sbagliare i nostri nomi, Alberto e’ diventato Algentino, mentre Fabio lo imbrocca ma dice sempre:
-“Fo..Fi…Fabio”. Di me si ricorda solo che inizia per L.

A un certo punto arriviamo all’ultimo incrocio e non ci prendiamo la briga di leggere bene il cartello dove (ho scoperto solo ieri, una volta tornato) c’era scritto “solo quattroruote”.
Inizia cosi’ una strada di polvere finissima che quando passa la macchina si alza una colonna di cinque metri e che basta mettere un piede per terra per non respirare piu’.
Nel buio della notte avanziamo a 40 all’ora che potra’ sembrare poco ma e’ tantissimo per quella strada, tanto che ogni tanto diciamo a Alberto di rallentare che ci sembra di essere in un rally. Ma rallentare non si puo’ altrimenti ci impantaniamo.
A un certo punto arriviamo in una radura e ci fermiamo. La luna e’ piena, poche stelle, alberi e rumori di uccelli in lontananza. Aspettiamo gli austroungarici/tedeschi/inglesi e quando arrivano decidiamo di accampare li’ la notte.
Accendiamo un fuoco e cuciniamo una pasta. In lontananaza il suono strano di un animale strano. Max, bavarese, dice che si tratta di asini selvatici. Mangiamo attorno al fuoco, beviamo un po’ di vino (era vietato portarlo all’incontro) e suoniamo la chitarra. I veri hippy del 2004. Niente chiacchiere di amore universale e volonta’ di cambiare il mondo, ma una bella nottata sotto le stelle australiane, lontani da tutti e tutto, in perfetta armonia, per un attimo, senza pretese.
Piss (bellissimo all’ombra lunare di un eucalipto) and love.

Il giorno dopo continuiamo per la strada e arriviamo a un ruscello coperto da delle grate. Proviamo a passare e spacchiamo il silenziatore della marmitta (le malelingue insinueranno che io ho detto “vai vai non c’e’ problema” ma e’ solo una leggenda del deserto). Poi passiamo e arriviamo in un posto che nessuna brochure di nessun Tour Operator del mondo ha mai avuto l’onore di ospitare.
Si tratta di un laghetto pullulante di coccodrilli (alcuni lunghi tre metri), circondato da rocce alte 20 metri con in fondo delle cascate, la spiaggia e’ di sabbia e ci sono vari tipi di alberi. Qui i turisti non ci possono venire, e’ terra aborigena e, scopriamo dopo, il posto non e’ nemmeno segnato nelle mappe. Mi sento fortemente privilegiato, piu’ o meno come se mi avessero dato la Gold Card di qualche club di golf. Ma e’ questo e’ meglio del golf.
Qualcuno dice che dato che i coccodrilli sono di acqua dolce e non sono pericolosi, si puo’ nuotare. C’e gente gia’ in acqua. Siamo pieni di polvere e non resistiamo, ci buttiamo. Iniziamo a nuotare tentando di non pensare ai coccodrilli che poco prima vedevamo dalla riva. Dopo un po’ non ci pensiamo piu’ e ci mettiamo persino a farci degli scherzi. Io mi lancio sott’acqua e attacco da sotto la giapponese che lancia un urlo bestiale. Sono un bastardo lo so, ma da quel momento in poi si ricorda del mio nome.
Poi si esce e si va un po’ in giro, ci si rilassa sulla spiaggia e si guardano le donne aborigene che pescano solo col filo e l’amo.
Nuotando con i coccodrilli Quando decidiamo di tornare in acqua non c’e’ nessuno che fa il bagno. In compenso la spiaggia si e’ riempita di gente che arriva per il festival. Io, Alberto e un inglese ci dirigiamo verso le cascate, dall’altra parte del laghetto, a grandi bracciate. Noto che Alberto “Piede Molle” e’ completamente ristabilito e mi stacca di parecchio, raggiungendo l’inglese che era li da un po’.
A un certo punto sento una voce femminile che grida allarmata:
– “get out!!” (uscite)
io dico:
-“why?” (perche’?)
-“croc!” (coccodrillo)
e si aggiunge una voce maschile:
-“get out!”
guardo e vedo che il tipo e’ vestito da ranger e inizio a preoccuparmi.
Ora, che ci fossero coccodrilli lo sapevamo, ma sapevamo anche che erano innocui. Inoltre, devo ammettere, “mi hanno detto che gli hanno detto che”..informazione di seconda mano. Brutta cosa per affidarci la propria vita.
Chi e’ quella ragazza e soprattutto chi e’ quel ranger o pseudo ranger?
Mmmm…devo decidere e in fretta, magari il ranger e’ solo uno pseudo ranger e sono appena arrivati e nessuno li ha informati dell’innocenza dei coccodrilli. Ma se invece…?
Nella mia mente inizia un’attivita’ celebrale velocissima che crea una serie di ipotesi:
– tra i tanti coccodrilli di acqua dolce si e’ infiltrato uno di acqua salata (quelli cattivi mangiauomini) che in televisione dicono arrivi fino a 70 km nell’interno ma magari questo non ce l’ha la televisione e non lo sa.
– tra i tanti coccodrilli innocui uno e’ il pazzo del villaggio e ha un problema di relazionamento con l’Io e non sa che non si mangiano gli uomini.
– tra i tanti coccodrilli innocui uno non ha l’enzima giusto e vomita ogni volta che mangia pesce, odia le rane e non vede l’ora di mangiare carne bianca.
– i coccodrilli non mangiano gli aborigeni, solo i bianchi.
– tra i tanti coccodrilli innocui uno e’ miope
– i coccodrilli non sono innocui e l’inglese e’ stato semplicemente mal informato.
Meditazione e divertimento in terra aborigena (laghetto con coccodrilli) alla quinta ipotesi ero gia’ a meta’ strada verso il ritorno, decisamente piu’ religioso di mezz’ora prima, e ringraziando il cielo di aver fatto jogging le ultime settimane. Il respiro pero’ non sembra abbastanza e chiudo gli occhi per nuotare meglio.
Immagino pero’ il coccodrillo che si avvicina strisciante verso di me. Meglio riaprire gli occhi. Mi stanco di nuotare a stile libero e inizio a rana. Tre bracciate e penso “no, a rana no!!! i coccodrilli mangiano rane!!!”, e riparto in stile libero.
Intanto la riva non si avvicina, mi guardo indietro e vedo Alberto e l’inglese. Mi ritrovo a pensare “Alberto ha un piede ferito che forse sanguina, magari si mangia loro invece che me” e mi rassicuro un po’.
La situazione e’ gia’ tesa ma la maledetta turista disinformata e il maledetto psuedo ranger cominciano ad indicare col braccio bello teso un punto a 10 metri di me, ovviamente indicando il coccodrillo.
Ormai ho piu’ fede di Padre Pio e raddoppio la bracciata ma le braccia non rispondono piu’, mi devo fermare a respirare. Mi fermo, immagino il croc che scende sotto pronto ad attaccare. Riprendo, la costa e’ vicina , non ce la faccio piu’, splash, splash..tocco terra, esco, mi allontano dalla riva e inizio a respirare. Alberto e l’inglese sono ancora in acqua ma ormai non me ne frega piu’ niente. Chiudo gli occhi. E’ finita.

Poi Alberto e l’inglese arrivano e si buttano vicino a me e restiamo senza parlare per un po’.

Arriva Fabio e gli spieghiamo tutto, ride. Dopo un po’ si butta in acqua tranquillo e nuota di qua’ e di la’. mmm..che coraggio.

(Per la cronaca: in seguito ci informiamo per bene e il verdetto unamine e’ “si puo’ nuotare, nessun pericolo”. Maledetto pseudo ranger).

Danza aborigena Il festival e’ fortissimo, gli aborigeni suonano, cantano e ballano mentre noi li guardiamo seduti sulla sabbia con in bocca del melone offerto e facciamo pure delle belle foto.
Dietro di noi altri aborigeni si fanno delle risate pazzesche guardando probabilmente i propri bambini ballare. Bella atmosfera, davvero.
La notte la passiamo in riva al lago, accanto al fuoco, con il suono dei didgeridoo in lontananza e il lago pieno di candeline accese. Dormiamo accanto al fuoco, io e Alberto non abbiamo il sacco a pelo, solo due coperte, lui e’ piu’ vicino al fuoco e quando si gira di lato da Appennini diventa Alpi e mi blocca quel poco calore che arrivava. Per lui invece e’ anche troppo caldo.
Nel mezzo della notte mi alzo infreddolito e vado a cercare legna in giro, riporto mezza foresta e mi rimetto a dormire.
La mattina presto arriva Keiko, la giapponese col nome da microonde, che ci saluta. Vuole salutare anche Fabio che dorme nella sua tenda iperteconologica e lo chiama:
-“Fo, Fi…Fabio”
-“Ehh…??” dice lui dalla tenda
-“Ai mast go, gudbai” (devo andare, ciao)
-“Ok, ok, aspetta”.
Sprinz, striz, frishh..inizia una serie di rumori di cerniere che si aprono e io e Alberto ci guardiamo. Friz, sprin, slash…continuano. Ma quanto ci vuole? sicuramente ci mettono meno ad aprire il caveau di una banca svizzera (battuta copyright © Alberto Marchetti “piede molle’) ma alla fine esce e la saluta.
Riprendiamo a dormire. Ci sveglia la luce del sole, le braci ancora calde, i coccodrilli a filo d’acqua. Li voglio fotografare e salgo sulle rocce.
Per strada mi faccio un'”imperiale” che praticamente e’ una defecazione in piena natura con pulitura di sabbia e successivo (posticipato) bagno in acqua. Una delle esperienze mistiche piu’ profonde concesse all’essere umano.
Alberto e Fabio negheranno di averla fatta per motivi di immagine, ma io li sputtano e vi confermo che lo hanno fatto e ne sono stati felici.
Salgo sulle rocce vedo tre coccodrilli (ma c’e’ chi ne ha contati fino a trentuno in altri orari), fotografo e torno giu’.
Mi faccio il bagno, esco e dico:
-“ho fatto le foto ai croc”
Fabio ride.
-“Perche’ ridi?”
-“Dai basta con questa balla dei coccodrilli”
-“come balla, non ci credi?”
Ride ancora.
Tiro fuori la macchina e glieli faccio vedere. Ci crede. Una goccia di sudore scende dalla tempia sinistra. No, era vero che non ci credeva.

In canoa sull’Ord River e la vecchietta pazza di Kunnunura

Fauna sull’Ord River Kununurra verso Katherine, Northern Territory, lunedi’ 26 luglio 2004
Inaspettatamente ci ritroviamo ancora noi tre in macchina, la fedele Ford Falcon Vic, sulla lunga strada verso il futuro.
Dico inaspettatamente perche’ fino a ieri sera Fabio e io si doveva fare l’autostop ma un provvidenziale spino di melone qualche giorno fa si e’ andato a ficcare nel piede delicato da ragionere di Monza Alberto che e’ cosi diventato inatto al lavoro nei campi di schiavi.

Questo e’ il prologo, cioe’ la fine della storia fino a questo preciso momento, noi in macchina, Vasco che canta dicendo di essere un uomo (mai messo in dubbio, Vasco, non ce n’era bisogno) e una sensazione di miracolo per essere riusciti a sfuggire a una serie di tragedie. Ma delle tragedie ne parleremo dopo.
Adesso vi devo raccontare dei tre giorni in canoa sul fiume Ord che ci siamo fatti Fabio e io.
55 km di remate in mezzo a coccodrilli (teorici), pellicani (da lontano), scenari da film western (Australia) e soprattutto una serie infinita di uccelli svolazzanti di giorno e rumorosissimi di notte.
In pratica abbiamo sborsato 140 Aus dollars e un tipo ci ha dato una canoa e il materiale necessario, poi ci ha portati a un certo punto della strada e ci ha detto “iu sciud go streit end padle asmaciasiucan rait meit? gret gud evanaistime sia leider jolly jolly” che vuol dire “remate”.
La notte ci si fermava ai campi dove trovavamo gas, fuoco per il barbeque e gli altri quattro australiani con le loro canoe.
Qui ci starebbe bene un “e si passava la notte raccontando storie e cantando attorno al fuoco” ma alle otto e mezza gli aussie erano gia’ a letto a smaltire le remate, mentre Fabio e io si tirava tardi fino alle nove e mezza/dieci e li si raggiungeva nel mondo dei sogni.

(siamo sempre in macchina e Vasco intanto canta: Forse eravamo stupidi pero’ adesso siamo cosa?)

Ord River Ok, non mi dilungo troppo sui tre giorni che comunque sono stati una gran cosa e che forse le foto potranno spiegare meglio.
Mi resta solo da dire che a cinque minuti dalla partenza abbiamo visto un coccodrillo di 30 centimetri che prendeva il sole e non si e’ nemmeno accorto di noi che gli passavamo a un metro di distanza. Inutile dire che non averne piu’ visti per i tre giorni successivi e’ stato abbastanza deludente.
Abbiamo anche pescato un po’, ma dei due pescegatti che abbiamo preso, uno lo abbiamo perso a causa di un sacchetto nel sacchetto messi in acqua per tenerlo fresco. Adesso il povero essere e’ nel fondo del fiume dove ha passato la giovinezza, chiuso dentro un sacchetto blu senza cibo ne’ compagnia adatta al suo livello sociale. L’altro invece ha avuto l’onore di finire sul barbeque e nutrirci con le sue carni, saporitissime nonostante avessimo aggiunto solo dell’olio d’oliva.

Prima tragedia: dopo tre giorni di remate torniamo all’ostello dove avevamo lasciato i bagagli, il portatile/biglietto/passaporto in cassaforte e un raccoglitore di meloni di Monza.
Siamo stanchi e sporchi e una doccia e’ il desiderio piu’ vivo in noi. Entro e vedo la simpatica vecchietta che quando avevo visto appena arrivati dissi “tipica rompipalle” mentre poi mi ero ricreduto perche’ sorridente e sempre amabile.
” Hello, uir bec” (salve, siamo tornati)

(intanto Stevie Wonder canta: no new years day, to celebrate..I just called to say I love you)

La vecchietta gentile Si gira, mi fissa con uno sguardo uscito dritto dritto dall’inverno di Reijkiavik, e dice:
-“dove siete stati?”
Spiazzato. Non so cosa dire. Che c’entra dove siamo stati?
Lei approfitta del mezzo secondo di titubanza, la mossa e’ stata probabilmente studiata per tre giorni, e dice:
-“iu dident liv de ki end ui dident no uer iu uere end dis is not de uei to ewoireoroje rm rjewr kew ewrjkew jr”
(siete partiti senza lasciare la chiave, non sapevamo dov’eravate e bla bla bla…”)
-“si ma ve l’avevamo detto e anche a suo marito…”
-“niente ma, vado a chiamare Rodney?”. Sparisce.
Chi e’ Rodney? Ah si, il sottomesso, forse marito, pover’uomo.
Arriva Rodney, confuso, e mi dice:
-“ok ok, allora siete partiti senza dire niente, non avete lasciato la chiave e noi abbiamo fatto pagare al vostro amico le notti che non siete stati qui”.
-“no, guardi che il nostro amico ha pagato le sue notti e non c’entra niente”
-“e allora perche’ volete indietro i soldi?”
-“che soldi?”
-“niente, allora tutto bene”.
Boh, non ci si capisce molto.
Andiamo a farci un giro e quando torniamo c’e’ Alberto, o meglio quel che resta di lui.
-“Ragazzi, io non ho capito molto ma mi hanno fatto pagare 76 dollari, quando sono andato a portarle le vostre valigie mi ha detto che dovevo pagare o chiamava la polizia”
Tutto diventa chiaro: estorsione e circumnavigazione di straniero con piede molle che non capisce molto l’inglese.

Torniamo alla reception, c’e’ Lei.
-“scusi, mica avevo capito che avevate fatto pagare al nostro amico”
-“Oh no, ancora? Dobbiamo ripetere tutto?”
-‘Certo, e dovete ridargli i soldi”
Si alza e se na va. Sparita. Arriva un cliente e si mette ad aspettare. Non arriva nessuno.
Poi riappare Rodney e senza nemmeno guardarci dice:
– “tornate domani mattina”
-“no, domani andiamo via, dovete dargli i soldi subito”
-“no, no domani mattina”
Riappare Miss Lei e dice:
-“fuori fuori devo chiudere” e comincia a sbattere fuori tutti dalla reception. Arriva Alberto, lei lo vede e gli dice:
-“e te ne vai dall’ostello anche tu”. Alberto, che prima mi aveva detto di andarci piano che seno’ lo sbattono fuori e non sa dove andare, rimane male, nero come solo chi passa cinque giorni tra i meloni e si infetta un piede puo’ essere.
Penso siano le sette, l’ora di chiusura, e comincio a prendere gli zaini. Poi mi accorgo che sono le sei e mezza e dico:
-“noi restiamo qui finche’ non ci risolve il problema”.
-“allora chiamo la polizia”
-“ok”
Sparisce. Ritorna.
-“ho chiamato la polizia”
non ci credo, comincio a cercare nelle pagine gialle il numero della polizia per chiamarla io. Non trovo niente. Cioe’ non trovo il numero della polizia nelle pagine gialle, pazzesco, no? Poi vado da lei che e’ fuori dalla reception a sbuffare e le dico:
-“mica ci credo che ha chiamato la polizia, mi da’ il numero per favore?”
Me lo da’. Strano. Chiamo. Risponde un tipo:
-“Kununurra Police Station Department Investigation Section how can I help you you’re right mate?”. Poi riprende fiato.
Gli spiego un po’ la storia, so che stiamo parlando di 70 dollari, ma almeno metto le mani avanti per quando loro chiameranno la polizia perche’ non ce ne vogliamo andare.
Mentre parlo mi accorgo che il poliziotto sta mangiando, sento tanto chiaramente il rumore della masticazione che quasi potrei giurare che si tratta di lardo e fagioli.
Lo visualizzo con i piedi sulla scrivania e un cane spelacchiato ma fidato con le chiavi della cella in bocca.
In due parole mi dice che non riguarda loro perche’ siamo nel civile e non nel penale.
-“ok, capisco, e cosa dovrei fare?”
-“provi, sglurp, a rivolgersi al tribunale per i Problemi Pecuniari di, slurp, Carattere Minore”
-“si, io vado via domani e vuole che apra un caso civile che dura anni?”
-“Mmmmm…” continua a mangiare.
-“ok, ok, magari ci vediamo dopo dato che noi da qui non ce ne andiamo fino a che non ci ridanno i soldi, gday mate”
-“ok, good luck”

Lascio il poliziotto al suo piatto di lardo e fagioli e vedo che in reception non c’e’ piu’ nessuno. La signora ha preso la macchina e se n’e’ andata.
Arriva un tipo che sembra un aborigeno bianco, non vede nessuno:
-“nessuno in questa merda di reception?”
-“no, sembra siano tutti spariti”, dico
-“bloody fucker mad woman” (maledetta donnaccia pazza)
Rutta. Un rutto sonoro e rotondo, una cosa che potrebbe sostituire i campanili di una citta’ di medie dimensioni.
Resta li. Non arriva nessuno. Io e Fabio siamo seduti, aspettiamo che appaia qualcuno.
Il tipo nel frattempo e’ entrato in standby, in piedi, guarda dritto davanti a se’, rutta ogni cinque minuti e ogni due dice:
-“bloody fucker mad woman”

E’ una di quelle situazioni che nei film non esistono. Non sai come uscirne a testa alta, non sai come uscirne a testa bassa. Non sai come uscirne.

-“bloody fucker mad woman”, ripete l’aborigeno bianco.

Poi riappare Rodney, col suo capello bianco raccolto in un codino lungo tanto quanto le sue frustrazioni di compagno di Miss Lei.
-“tra mezz’ora sono da voi”
Aspettiamo.
Dopo un quarto d’ora arriva e dice:
-“ok, vediamo un po’ perche’ non so bene la situazione, io non lavoro qui sono troppo occupato e non so bene cosa succede, insomma adesso io ho una proposta, io vi do’ la meta’ dei soldi e siamo a posto”.
Traduco per Fabio e Alberto. Proposta bocciata.
-“Guardi, io non so che casino abbiate in questa reception, ma noi non vogliamo pagare per errori vostri. La sera prima le ho lasciato il computer dicendo che tornavamo il 25 e lei lo ha pure scritto sopra, guardi”.
Mentre parlo sbatte gli occhi nervoso come a dire “gia’ non ci capisco niente, se mi aggiungi elementi non ne veniamo fuori”.
-“Si, ma io non so che accordi aveste preso con la Signora”
-“Nessun accordo. Lei mi aveva anche chiesto se avevo prenotato per il ritorno e io avevo detto di no e lei aveva detto che tanto non si puo’ prenotare. Quindi lei sapeva che saremmo tornati il 25. Perche’ avete fatto pagare le notti che non c’eravamo al nostro amico?”
-“Perche’ non abbiamo potuto dare i letti ad altre persone”
-“Ma perche’ se sapevate che tornavamo il 25, il nostro amico vi ha dato i bagagli in deposito, aveva il mio computer con scritto sopra ‘ritornano il 25′”
-“Perche’ il vostro amico non ha detto che tornavate il 25?
-“Lo ha detto alla signora, ma lei si e’ messa a minacciare di chiamare la polizia”
-“E perche’ non avete lasciato le chiavi?”
-“Perche’ voi eravate chiusi alle 6 e mezza di mattina”
-“Potevate lasciarle al vostro amico”
-“Se n’e’ andato a lavorare alle 5 e dovevamo chiudere la stanza ”
-“Potevate lasciarle sul letto”
-“E come chiudavamo?”
-“La porta si chiude dall’interno”
-“si ma dovevamo uscire”
-“Ok, ok, insomma cosa volete fare?”
-“non so, sono le sette, non abbiamo un posto dove dormire perche’ abbiamo perso tempo qui, stia tranquillo che da qui non mi muovo fino a che non ci rida’ tutti i soldi”.
E accade il miracolo. Appare una stanza libera che ci da’ al prezzo di dormitorio e in piu’ ci rida’ i soldi della differenza. Vittoria.
ci porta alla stanza, da rifare ma non importa, e dice:
-“che resti tra noi, ok? Siete qui ma Lei (qui mi sembra che il cielo si oscuri per un attimo) non deve saperlo. Mantenete un profilo basso”.
Un “low profile”. Un profilo basso. Fantastico, nessuno mi aveva mai detto di mantenere un profilo basso. Passiamo il resto della serata col terrore di vedere apparire lo sguardo malefico di Lady Male attraverso le vetrate. Un pasta ai quattro formaggi, capperi e cipolle (i resti, domani si passa il confine di stato e c’e’ la quarantena, non si possono fare spese) e finiamo al serata di un grande giorno di battaglia. Capisco come si poteva sentire un Lech Walesa nei giorni piu’ duri di Solidarnosc.

Arriva l’alba e ci risvegliamo memori della vittoria, pronti a emigrare, ma i guai non sono finiti.
Sotto la macchina una pozza d’olio. L’olio del servosterzo. Si va dal meccanico, reminescenza del 2000 col furgone Mazda sfigato.
Primo meccanico: domani facciamo la diagnosi, 44 dollari, poi ci saranno da ordinare i pezzi, ci vuole una settimana, e poi si ripara.
Secondo meccanico: sono occupato per due settimane.
Terzo meccanico: non se ne parla neanche. Voi backpackers dovreste viaggiare con piu’ calma, non sempre stare due o tre
giorni per posto. (La moglie forse ha un business per turisti che va male.)
Quarto meccanico: otto giorni.
Ok, troppi turisti, troppe macchine rotte.
Fabio da un’occhiata e la diagnosi e’ “tubo rotto”. Si cerca un tubo rotto. Si cerca, prima, uno sfasciacarrozze.
Chiedo a un benzinaio.
-“non c’e’ in town, ma se vai qui di fronte dal giardiniere chiedi di Adam, lui qualche anno fa ce l’aveva e ha ancora dei pezzi”.
Vado nel negozio di giardinaggio e chiedo di Adam. Adam cerca ma non trova e dice:
-“vi conviene andare da VanDrift e ve lo fate fare”
Che idea…
andiamo da vanDrift, mezz’ora e 40 dollari dopo e grazie a Fabio siamo di nuovo in corsa. Mai mollare. Mai.

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